Tra il dire e il fare c’è di mezzo la Commissione medica locale: il caso del comma 2-ter dell’articolo 119

Stiamo cercando il pelo nell’uovo che abbiamo mangiato ieri? Il buco nella ciambella non riuscita? Stiamo dicendo di avere il gatto senza nemmeno avere il sacco? Forse sì. Ma è giusto rivolgere la nostra attenzione al D.L.vo 285/92, art. 119, c. 2-ter così come introdotto dalla riforma del Codice della Strada del 2010 (L. 120/10, art. 23, c. 1).

Del resto il comma fu a suo tempo argomento di dotte discussioni tra i professionisti dell’accertamento sanitario, suscitando un vivace e proficuo dibattito. Addirittura le fucine del Ministero della Salute forgiarono una circolare per esprimere un parere in merito.

Parafrasando la famosa pietra potremmo forse chiamarlo il “protocollo filosofale”.

Stiamo parlando di quella che nella citata normativa viene definita la «certificazione da cui risulti il non abuso di sostanze alcoliche e il non uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, rilasciata sulla base di accertamenti clinicotossicologici le cui modalità sono individuate con decreto del Ministero della salute, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Dipartimento per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei ministri».

Ebbene sì, stiamo parlando dell’Eldorado della moderna tossicologia forense, parafrasando la famosa pietra potremmo chiamarlo il “protocollo filosofale”: un insieme di accertamenti standardizzati per verificare l’assenza delle patologie invalidanti di cui al D.L.vo 59/11, all. III, E.1 e F.1.

Il punto della situazione

Sono necessari dei chiarimenti. In concreto il comma 2-ter riguarda i requisiti fisici e psichici per l’idoneità alla guida dei “conducenti professionali” (la cui attività rientra in quelle descritte dal D.L.vo 285/92, artt. 85-90), dei titolari di patente di guida categoria C, D e sottocategorie, dei conducenti di filobus e per il trasporto di sostanze pericolose.

Il comma 2-ter riguarda inoltre i requisiti fisici e psichici d’idoneità alla guida per il primo rilascio (altrimenti detto conseguimento) della patente di guida di qualsiasi categoria.

Ora il comma 2-ter richiede che in tutti i casi indicati, che abbiamo appena elencato, ai fini dell’accertamento dei requisiti d’idoneità alla guida sia necessario produrre una «certificazione da cui risulti il non abuso di sostanze alcoliche e il non uso di sostanze stupefacenti o psicotrope», certificazione basata su “accertamenti clinicotossicologici” stabiliti da specifico decreto ministeriale.

Ma che cosa c’entra la Commissione medica locale?

Gli “accertamenti clinicotossicologici” potrebbero stabilire delle linee di orientamento autorevoli, però dell’atteso decreto non c’è traccia.

Giusta osservazione. La Commissione in effetti non ha nulla a che vedere con i casi indicati dal comma 2-ter, però la sua attività è interessata in maniera indiretta da quanto il comma stabilisce. La Commissione spesso invita a sottoporsi, a chi richieda il rinnovo della patente di guida o il suo rilascio in seguito a sospensione per ordine del Prefetto, ad accertamenti relativi all’abuso di alcool e all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope.

In effetti gli “accertamenti clinicotossicologici” di cui al comma 2-ter potrebbero stabilire delle linee di orientamento autorevoli per gli accertamenti richiesti dalla Commissione medica locale. Purtroppo però dell’atteso decreto non c’è traccia.

Tra il dire e il fare c’è un clamoroso vuoto normativo imputabile alle Autorità ministeriali competenti, ma cosa succederebbe se tale vuoto fosse colmato?

Forse finalmente verrebbero messi dei paletti all’operato delle Commissioni mediche locali, tra il dire e il fare emergerebbe la terraferma, invece che l’insidioso arbitrio delle Commissioni nel quale, quando ci sottoponiamo a tortuosi accertamenti tossicologici e psichiatrici, ci troviamo oggi a navigare.

Certo, i casi andrebbero sempre analizzati singolarmente, ma almeno si avrebbero delle direttive ufficiali dall’Autorità competente.

L’attuale vuoto normativo nella pratica

Se anche sono passati quasi sei anni dall’entrata in vigore della riforma del 2010, gli “accertamenti clinicotossicologici” previsti dal comma 2-ter non sono ancora stati stabiliti, rendendo impossibile per l’accertatore effettuare la verifica dei requisiti d’idoneità alla guida come prescritto dalla norma.

Nella pratica succede che decisioni importanti vengono lasciate al capriccio di chi detiene il pallino sul campo operativo.

Il mondo però deve andare avanti. Subordinare il conseguimento della patente di guida categoria B alla certificazione richiesta dal comma 2-ter può sembrare eccessivo, mentre non lo sembra per quanto riguarda i “conducenti professionali”.

Nella pratica succede dunque che decisioni importanti vengono lasciate al capriccio di chi detiene il pallino sul campo operativo.

Ai “conducenti professionali” vengono richiesti accertamenti stabiliti in via ufficiosa da autorità occulte, con protocolli che non hanno ricevuto alcun tipo di ratifica o controllo gerarchico.

Per il conseguimento della patente di guida categoria B si è trovato un curioso espediente.

Secondo quanto stabilito dal D.L.vo 285/92, art. 119, c. 3, il certificato di cui al comma 2-ter «deve tener conto dei precedenti morbosi del richiedente dichiarati da un certificato medico rilasciato da un medico di fiducia», ossia da un documento che assomiglia molto al certificato anamnestico del Medico curante.

Tale certificato viene richiesto all’atto del conseguimento, supplendo con questa foglia di fico alla certificazione richiesta dal comma 2-ter. Ma tale richiesta appare fuori luogo, proprio perché il certificato indicato al comma 3 è in realtà propedeutico a quello richiesto al comma 2-ter: è come se un valido documento di riconoscimento bastasse ad accertare che tu non evadi le tasse.

Niente terra all’orizzonte

Non abbiamo dunque certezze in materia di accertamenti relativi alle patologie invalidanti di cui al D.L.vo 59/11, all. III, E.1, F.1, F.2. Il vuoto normativo introdotto dal comma 2-ter permane, dobbiamo continuare a navigare a vista.

Rimaniamo dunque con tante domande e nessuna risposta: chi garantisce che l’accertamento dei requisiti fisici e psichici d’idoneità alla guida sia protocollato in maniera corretta? Chi stabilisce le costose analisi richieste dai protocolli ai quali sono sottoposti i “conducenti professionali”? Chi può garantire che, in assenza di precise normative, siano prese scelte razionali ed evitare che ognuno faccia come gli pare?

In questo mare, forse sarebbe il caso prendere in considerazione il conseguimento di una patente nautica.

COMMENTI

2 commenti su “Tra il dire e il fare c’è di mezzo la Commissione medica locale: il caso del comma 2-ter dell’articolo 119
  1. Ormai è consuetudine da parte di alcune CML limitare il rinnovo per un anno anche di fronte a reiterate visite per diversi anni a cui è stato sottoposto il soggetto senza alcuna indicazione medica di patologie o alcolismo.
    Forse il motivo sta nel fatto che le CML si devono procurare il lavoro per giustificare le sedute e quindi i relativi ben retribuiti gettoni di presenza. Se non vi sono cittadini da sottoporre a visita (solo per leggere le certificazioni prodotte) niente sedute delle CML e quindi niente gettoni di presenza.
    Per non correre questo rischio quale migliore strada se non quella di richiamare a visita ogni anno i cittadini?

  2. Il vuoto normativo esiste esempio una persona che ha avuto problemi di salute poi guarito con relativa certificazione rilasciata dalla Struttura Pubblica. Perché bisogna andare non si sa per quanto tempo alla Commissione patenti non è stato stabilito un termine. Come il caso di mio figlio la revisione patente gli è stata notificata dopo 4 anni dalla Motorizzazione dalla segnalazione. Ha continuato a guidare tranquillamente. per 4 anni. Si è recato già due volte alla Commissione affrontando spese. Visto che sono medici perché non accertano la loro idoneità.

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